Opera
In una lettera del 29 dicembre del 1941, spedita dal fronte bellico, Terragni sottolinea come in quel periodo stesse combattendo sul fronte da vero soldato, ma come psicologicamente si stesse anche preparando, attraverso l’elaborazione di alcuni schizzi, a tornare per combattere la questione lasciata aperta sull’Architettura moderna (Marcianò, 278).
Tra gli schizzi che vengono realizzati in questo periodo, oltre a quello della cattedrale, vi è quello relativo allo studio di uno stadio parzialmente coperto, basato su settori circolari e chiuso tramite una serie di vele mobili di tessuto, che si configura come un progetto del tutto innovativo. Domina l’asimmetria di grandi masse volumetriche disposte su una forma di base ellittica (probabilmente con asse maggiore di 650 metri e uno minore di 360 metri) intervallate e raccordate da verde e gradinate che contengono, secondo l’analisi di dimensionamento, circa un quindici – ventimila persone (Marcianò, 278; Ciucci, Triennale di Milano, Centro studi G. Terragni, 617).
Mario Radice ricorda l’amico Terragni così: “Ogni sua qualità, ogni sua energia poneva al servizio dell’arte, in maniera totale, definitiva […] All’architettura si era donato perdutamente, come se non esistesse altro al mondo, e come se fosse l’unico principio ed il solo fine della vite terrena… Tutto le sacrificava: affetti, agiatezza, avventure,,,” (Zevi, 195).
Sicuramente questo progetto appare tra gli ultimi nell’opera di Terragni, come emerge dalla chiara maturità sia progettuale che grafica – espressiva.
Scritto redatto sulla base di:
CIUCCI, Giorgio (a cura di), Giuseppe Terragni: opera completa, (con Triennale di Milano, Centro studi G. Terragni, Centro internazionale di studi di architettura Andrea Palladio), Milano: Electa, 1996
MARCIANÒ, Ada Francesca, Giuseppe Terragni opera completa 1925-1943, Roma: Officina, 1987
ZEVI, Bruno (a cura di), Giuseppe Terragni, Bologna: Zanichelli, 1980