MUSEO VIRTUALE ASTRATTISMO E ARCHITETTURA RAZIONALISTA COMO

PROGETTO PER UNA FONDERIA DI TUBI E PROGETTO PER UNA OFFICINA PER LA PRODUZIONE DEL GAS

Giuseppe Terragni

Opera

Da poco fondato il Gruppo 7 (Rava, Terragni, Figini, Frette, Larco, Pollini e Castagnoli poi sostituito da Libera), alla I Esposizione italiana di Architettura Razionale si manifesta, da parte di altri architetti, l’interesse per i temi suscitati dagli architetti comaschi: il Gruppo 7 si amplia così nel MIAR, Movimento Italiano Architettura Razionale, che comprenderà una cinquantina di architetti divisi per ambito regionale.
Due sono i messaggi che l’organizzazione promuove. Il primo, ispirandosi interamente al linguaggio di Gropius e i temi esplorati nel Werkbund, sostiene la scomposizione dei volumi unitari in blocchi funzionali, dissonanti, in modo che la loro riorganizzazione non costituisca una scatola chiusa. Il secondo messaggio, più categorico, rifiuta sia il purismo lecorbuseriano sia il neoplasticismo di Gropius. L’articolazione dei corpi sul terreno avviene liberamente e la dissonanza si legge dalla plasmabilità dei volumi stessi autonomi e indipendenti rispetto agli altri (Zevi, 38-39).
E così si legge anche in Fosso e Mantero che riportano un breve scritto, apparso in Quadrante n°26 del 1925, firmato dal Gruppo 7: “Ora, noi di questo, non ci possiamo più accontentare; non ci accontentiamo più. La nuova architettura, la vera architettura, deve risultare da una stretta aderenza alla logica, alla razionalità. Un rigido costruttivismo deve dettare le regole. Le nuove forme dell’architettura dovranno ricevere il valore estetico dal solo carattere di necessità, e solo in seguito, per via di selezione, nascerà lo stile” (Fosso, Mantero, 79).
A seguito di questa nuova idea, nel maggio del 1927, il Gruppo 7 viene inviato ad allestire la propria sale alla III Mostra Internazionale delle Arti Decorative di Monza. Scrive Ada Francesca Marcianò: “L’esposizione rende, così, viva ed attuale l’acerba ‘crudezza polemica’ dei primi pronunciamenti teorici del gruppo (A. Pica), innescando una spirale di ricerche, e di conquiste, efficaci quanto differenziate, la cui matrice affonda finalmente nel vivo del dibattito europeo per la nuova architettura. Ma i soggetti (garages, sedi di giornale, fabbriche) e il lessico razionale che li articola provocano disagio e sconcerto nei visitatori. Particolare irritazione suscita il plastico dell’Officina del gas per quel suo edificio ‘con due superfici degradanti a tastiera poste arditamente su pilotis’ (C. Belli), che è il meno ortodosso dei progetti esposti. La concezione tridimensionale con cui sono plasmati gli spazi ed i volumi, elencati secondo il ciclo produttivo, i collegamenti tra i corpi attuati con esilissime membrature, in una combinazione di ‘fortissimo e di pianissimo’, gli incastri decisi e i tagli né anonimi né tradizionali, ma di una veemenza. quasi espressionista, costituiscono un messaggio complesso e squillante” (Marcianò, 26).
Due sono i progetti nei quali viene coinvolto direttamente Terragni: il Progetto per una fonderia di tubi e il Progetto per un’officina per la produzione del gas. L’architetto, insieme al Gruppo 7, allestirà la sala a loro dedicata con disegni di progetti immaginari e modelli realizzati in legno e in gesso.
Il progetto per la Fabbrica di tubi, immaginario, prevedeva la disarticolazione del volumi così come enunciato dai principi razionalisti, ma la sua espressività era severa e misurata (Marcianò, 26). Le sue masse asimmetriche e le linee semplici, ma calibrate, esprimevano una nuova epoca arcaica, descritta anche nel IV scritto apparso su Rassegna e sottoscritto dal Gruppo 7 (Architettura IV: Una nuova epoca arcaica – maggio 1927) che aveva l’intento di definire un nuovo linguaggio architettonico (Ciucci, Triennale di Milano, Centro studi G. Terragni, 311-312).
Il progetto per una Fonderia di tubi, rappresenta “le ricerche formali, le aspirazioni personali, professionali e sociali di un’intera generazione” e, nonostante fosse legato alla sperimentazione (il tema dell’industriale viene preso a modello per gli architetti comaschi in quanto rappresenta un “tipo” nuovo che si relaziona ad un linguaggio basato sulla funzionalità e sulla concretezza) venne, dieci anni più tardi ripreso in occasione del Concorso di II grado per il Palazzo dei Ricevimenti e dei Congressi (Ciucci, Triennale di Milano, Centro studi G. Terragni, 311-312).
Il progetto dell’Officina per la produzione del gas invece, è l’unico progetto che nasce da un’occasione concreta commissionata a Terragni da un amico e figlio del proprietario dello stabilimento Verga: quella della “produzione, immagazzinamento e distribuzione del gas in una città di 100.000 abitanti” (L. Zuccoli) (Marcianò, 26).
A proposito di questo progetto (che fu fonte di controversie), Carlo Belli afferma: “La gente ce l’aveva – scrive – specialmente con il modellino in gesso di una officina del gas […] opera piuttosto brutta […] anche se suscettibile di futuri importanti sviluppi […] Il modellino […] riproduceva un insieme di edifici messi su con un macchinoso gusto costruttivo, stilisticamente poco legati l’uno all’altro, uno dei quali palesava perfino una reminescenza neoclassica. Un altro corpo della fabbrica, sormontato da un tozzo cilindro, era decisamente brutto, mentre il contrario si poteva dire per altri due edifici del complesso: il primo, basso, elegante […] il secondo, un po’ monumentale, con due superfici degradanti a tastiera, poste arditamente su pilotis. Quest’ultimo fabbricato suscitava soprattutto la irritazione dei visitatori”(Ciucci, Triennale di Milano, Centro studi G. Terragni, 313).
I due progetti, tra i primi esempi di sperimentazione di un Terragni neo – laureato, riscuoteranno successo in tempi più recenti, in quanto, come scrive Ciucci: “L’importanza di questo progetto, tuttavia, non si esaurisce certo in questo suo ruolo di ‘fonte’. Con le sue spettacolari sovrapposizioni, la sua pianta cinetica e i suoi molteplici riferimenti, l’officina occupa un posto fondamentale nell’opera di Terragni e al tempo stesso incarna con grande forza i1 fascino che l’iconografia industriale suscitava nel Gruppo 7. Sia per la narrazione funzionale che vi si svolge, ma anche per il suo voler essere una sorta di manifesto visivo dei modernismo europeo, questo progetto rappresenta il singolare e sorprendente debutto di Terragni sulla scena architettonica internazionale” (Ciucci, Triennale di Milano, Centro studi G. Terragni, 314), e sarà esempio di sperimentazione di un nuovo linguaggio architettonico.

Scritto redatto sulla base di:

CIUCCI, Giorgio (a cura di), Giuseppe Terragni: opera completa, (con Triennale di Milano, Centro studi G. Terragni, Centro internazionale di studi di architettura Andrea Palladio), Milano: Electa, 1996
FOSSO, Mario, MANTERO, Enrico, Giuseppe Terragni 1904-1943, Como: Cesare Nani, 1982
MARCIANÒ, Ada Francesca, Giuseppe Terragni opera completa 1925-1943, Roma: Officina, 1987
ZEVI, Bruno (a cura di), Giuseppe Terragni, Bologna: Zanichelli, 1980

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