MUSEO VIRTUALE ASTRATTISMO E ARCHITETTURA RAZIONALISTA COMO

PROGETTO DELL’EDICOLA FUNERARIA MAMBRETTI A FINO MORNASCO

Giuseppe Terragni

Opera

L’edicola funeraria Mambretti venne commissionata a Terragni a seguito della morte di Francesco Mambretti, industriale del settore cinematografico e già committente di Terragni per il Danteum.
Terragni realizza una serie di disegni per la costruzione della tomba che porteranno ad una prima ipotesi del 1936, anno di morte di Mambretti e ad una seconda ipotesi del 1938, entrambe mai realizzate.
“Il tema è quello di una cappella posta in una situazione anomala, proprio all’angolo del recinto rettangolare del cimitero, tale da costituire essa stessa un inquietante incertezza tra ‘un essere fuori’ e ‘un essere dentro’ che resta irrisolta fino all’ultimo. L’antecedente logico è ovviamente la cappella Ortelli; Terragni rielabora anche qui il tema della doppia cellula, quella dell’interno sacro e quella dell’involucro, ma addirittura con due soluzioni che porta avanti contemporaneamente e che preludono a quello che chiamerà ‘progetto intermedio’ (non datato): astrazione e simbolismo guidano rispettivamente la ricerca o di una spazialità puramente geometrica o di una figura icastica, esprimendo differentemente i contenuti della sacralità e della pietas. Qui però si aggiunge l’ulteriore elemento della singolarità distributiva: visto che la cappella si trova sul perimetro esterno del cimitero, si vuole prevedere anche una entrata dalla strada, quasi che la cappella sia piuttosto che un monumento funebre, una piccola chiesa alla periferia del borgo” (Ciucci, Triennale di Milano, Centro studi G. Terragni, 509). Infatti Terragni predispone un ingresso in asse con il vialetto del cimitero interno e un ingresso dalla strada esterna.
Una prima soluzione mostra un frontale massiccio simmetricamente scompartito, distaccato dalla cappella, a pianta quadrata, interrotta da sfoglie di vuoto e dalla sporgenza centrale. Questa soluzione viene però stravolta, ricostruendosi come una serie di setti svincolati dal perimetro. La soluzione finale appare asimmetrica, con accesso posto sul lato e tramite un traforo verticale (Marcianò, 202).
Gli schizzi per la Tomba Mambretti rappresentano “un blocco massiccio, primitivo, scomposto in lastroni per giunta asimmetrici. In tema di architettura funeraria si trattava di uno scatto, dell’azzeramento dei modi perseguiti dalla Tomba Ortelli a quella Pirovano, in altri termini dei rifiuto dei dispositivi più retrivi dello stile Novecento. La ‘proporzione’ accademica cessa di essere un dogma, si torna ad un modo pre-classico, forse alla ‘Casa di Adamo in paradiso’ ” (Zevi, 141).
L’impianto appare interessante soprattutto nei temi di approfondimento tra interno ed esterno e della “percorribilità” già affrontata anche in altri monumento come ad esempio quello per Roberto Sarfatti sul Col d’Echele, e appare analogo al progetto del Danteum sia per l’accesso laterale tangente al corpo di fabbrica sia per il rapporto tra ambienti superiori e ambienti inferiori (Fosso, Mantero, 145).
Anche Ciucci sottolinea come la soglia, rappresentata da un passaggio strettissimo e chiuso sul lati da setti, sia efficace nella preparazione spirituale alla sacralità, come si dilati a destra all’interno nella cellula interna verso l’altare e a sinistra verso la rampa che conduce all’esterno, quasi a rappresentare da una parte il percorso interno verso la morte e dall’altra l’uscita verso la vita (Ciucci, Triennale di Milano, Centro studi G. Terragni, 512). “La caratterizzazione del percorso a spirale – assai vicino al meccanismo del Danteum – e il trattamento spaziale delle rampe – analogo a quello tra la torre e il corpo basso della coeva Casa del Fascio di Lissone – procedono per successive deviazioni. Si varca la soglia, ma ci si trova ancora in un esterno, chiuso dal muro che gira intorno alla cella, si è quindi costretti a girare a sinistra e qui si è come risospinti verso l’esterno (la vita) dalla stretta asola di luce che, spaccando la scatola, riconduce alla rampa esterna; oppure si è risucchiati dal vuoto sulla destra e si scende alla cripta (la morte). Manca dunque la sottolineatura della sosta davanti all’altare. La sacralità della cappella funeraria vale perciò come percorso mistico dalla vita alla morte e viceversa, senza possibili pause di riflessione nella preghiera, in una percorribilità fluida, senza fine” (Ciucci, Triennale di Milano, Centro studi G. Terragni, 513).
L’uomo è al centro dei pensieri di Terragni. Scrive la Marcianò: ” Non si tratta, quindi, della piramide del faraone in cui nessuno può penetrare, ma di un testo commosso, di un luogo straordinariamente diverso, né tragico né perentorio, dimensionato sull’uomo e in cui, anzi, la presenza dell’uomo è contemplata lungo i canali fruitivi in molti dei disegni preparatori” (Marcianò, 202).

Scritto redatto sulla base di:

CIUCCI, Giorgio (a cura di), Giuseppe Terragni: opera completa, (con Triennale di Milano, Centro studi G. Terragni, Centro internazionale di studi di architettura Andrea Palladio), Milano: Electa, 1996
FOSSO, Mario, MANTERO, Enrico, Giuseppe Terragni 1904-1943, Como: Cesare Nani, 1982
MARCIANÒ, Ada Francesca, Giuseppe Terragni opera completa 1925-1943, Roma: Officina, 1987
ZEVI, Bruno (a cura di), Giuseppe Terragni, Bologna: Zanichelli, 1980

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